Carmagnola e la sua area evitano il rischio del deposito dei rifiuti radioattivi
Il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, ha pubblicato sul proprio sito istituzionale l’elenco delle aree presenti nella proposta di Carta Nazionale delle Aree Idonee (CNAI), che individua le zone dove realizzare in Italia il Deposito Nazionale dei rifiuti radioattivi e il Parco Tecnologico, al fine di permettere lo stoccaggio in via definitiva dei rifiuti radioattivi di bassa e media attività. Con un sospiro il sito di sollievo Carmagnola è stato depennato da questa mappa e quindi non corre più il pericolo di dover ospitare una presenza che la popolazione non gradiva.
La Carta è stata elaborata dalla Sogin, sulla base delle osservazioni emerse a seguito della consultazione pubblica e del Seminario nazionale condotti dopo la pubblicazione della Carta Nazionale delle Aree Potenzialmente Idonee (CNAPI), e approvata dall’Ispettorato nazionale per la Sicurezza Nucleare e la Radioprotezione (Isin). La Carta Nazionale delle aree idonee individua 51 zone i cui requisiti sono stati giudicati in linea con i parametri previsti dalla Guida tecnica Isin, che recepisce le normative internazionali per questo tipo di strutture.
51 siti sono raggruppati in 5 zone di 6 Regioni.
- Piemonte (5 siti), la zona adatta è in provincia di Alessandria, nei comuni di Bosco Marengo, Novi Ligure, Alessandria, Oviglio, Quargnento, Castelnuovo Bormida, Sezzadio, Fubine Monferrato. E’ stata invece definitivamente scartata Carmagnola
- Lazio (con 21 siti idonei), tutti nel viterbese.
- Sardegna (8 siti), concentrati fra la provincia di Oristano e quella di Sud Sardegna, a Albagiara, Assolo, Usellus, Mandas, Siurgius Donigala, Segariu, Villamar, Setzu, Tuili, Turri, Ussaramanna, Nurri, Ortacesus, Guasila.
- Puglia e Basilicata sono concentrati quindici siti: fra la provincia di Matera e una appendice nel Potentino.
- Sicilia (2 siti idonei) nel trapanese,
Si definisce rifiuto radioattivo ogni materiale derivante dall'utilizzo pacifico dell'energia nucleare o di altre tecnologie nucleari, che contenga isotopi radioattivi, e di cui non è previsto il riutilizzo. I rischi potenziali dovuti ai rifiuti provenienti dall'energia nucleare sono stati subito riconosciuti e per questo motivo, già con lo sviluppo delle prime centrali nucleari commerciali, soluzioni complete per il trattamento dei rifiuti erano state immaginate e sono state implementate ben prima che, alla fine del boom economico, si sviluppassero nella popolazione dei paesi industrializzati un maggior allarmismo e diffidenza nei confronti di queste tematiche.
Classificazione dei rifiuti radioattivi
Il termine "rifiuti radioattivi" comprende categorie di rifiuti fra loro molto diverse, fra cui quelli provenienti dai reattori di ritrattamento del combustibile nucleare, quelli prodotti dallo smantellamento di vecchi impianti, e gli elementi di combustibile esauriti.La classificazione del rifiuti radioattivi può essere molto diversa da paese a paese. La IAEA fornisce regolarmente indicazioni sui sistemi di classificazione, ma la decisione di recepire tali suggerimenti è rimessa ai singoli stati. Il sistema di classificazione definito dalla IAEA nel 1981 distingue tra rifiuti a bassa, media ed alta attività, con un'ulteriore suddivisione legata al tempo di decadimento dei radionuclidi.
Per ognuna delle tre categorie sotto elencate sono previste dalla normativa vigente diverse tipologie di trattamento.
Rifiuti ad alta attività I rifiuti ad alta attività (High Level Waste o HLW) includono il combustibile irraggiato all'interno dei reattori nucleari, i liquidi risultanti dalle attività di riprocessamento contenenti attinidi e prodotti di fissione e qualunque materiale con un'attività sufficientemente intensa da generare quantità di calore sufficientemente elevate (di norma superiore a 2 kW/m3) da richiedere un raffreddamento adeguato. Questa categoria include tutti i rifiuti radioattivi non compresi nelle altre e che di solito hanno un tempo di decadimento nell'ordine di migliaia di anni per raggiungere concentrazioni pari ad alcune centinaia di bequerel per grammo. Rientra in questa categoria la maggior parte del combustibile esausto delle centrali nucleari, oltre a rifiuti di altra origine emittenti particelle alfa o neutroni.
Rifiuti a media attività I rifiuti ad attività intermedia (in inglese Intermediate-level waste o ILW) includono quei materiali non inclusi negli HLW con un'attività sufficientemente alta da dover essere schermati durante il trasporto, ma senza necessità di raffreddamento. Questa categoria include resine, fanghi chimici, rivestimenti metallici del combustibile nucleare e materiali derivanti del smantellamento degli impianti nucleari. Prima dello smaltimento di solito questi rifiuti sono inglobati in una matrice di cemento o bitume. Questa categoria comprende rifiuti contenenti radionuclidi che impiegano da decine a centinaia di anni per decadere entro un'attività pari a poche centinaia di bequerel per grammo, così come radionuclidi a più lunga emivita ma con concentrazione inferiore a tale soglia. A tale categoria sono accorpati anche quei rifiuti radioattivi che, dopo processamento, rientrano negli stessi limiti. In questa categoria sono inclusi rifiuti originanti da attività mediche (es. sorgenti per radioterapia), di ricerca scientifica, industriali, ma anche da centrali elettronucleari di bassa potenza. Sono inclusi in questa categoria anche alcuni componenti provenienti dallo smantellamento di impianti nucleari.
Rifiuti a bassa attività I rifiuti a bassa attività (in inglese Low level waste o LLW) sono tutti i rifiuti la cui attività è sufficientemente bassa da non richiedere schermature nell'essere maneggiati, ma è comunque superiore alla soglia di attività (clearance) necessaria a declassarli fra i rifiuti comuni. Questi rifiuti contengono radioisotopi che necessitano al massimo di alcuni mesi o anni per decadere entro i limiti previsti dal Decreto Ministeriale del 14 Luglio del 1970. Sono di solito prodotti dagli ospedali, dall'industria o anche dal ciclo di lavorazione del combustibile fissile. In questa categoria sono inclusi tutti quei materiali che contengono una bassa radioattività, dovuta a nuclidi a breve emivita (es. vestiti o carta contaminati, attrezzi, dispositivi medici, carcasse di animali, filtri...). Tutti i rifiuti di questo genere vengono confinati in aree apposite nelle aree di smaltimento rifiuti, periodicamente se ne rileva la radioattività e quando questa finalmente decade sono smaltiti come non radioattivi.
Quantitativi e pericolosità
Secondo l'INSC, la quantità di rifiuti radioattivi prodotti annualmente dall'industria nucleare mondiale ammonta, in termini di volume teorico, a 200.000 m³ di Medium and Intermediate Level Waste (MILW) e 10 000 m³ di High Level Waste (HLW). Questi ultimi, che sono i più radiotossici, prodotti annualmente in tutto il mondo occupano il volume di un campo di pallacanestro (30 m × 30 m × 11 m). Dati i piccoli volumi in gioco, la maggior parte dei 34 Paesi con impianti nucleari di potenza ha per ora adottato la soluzione del deposito dei rifiuti presso gli impianti stessi in attesa di soluzioni più durature. Alcuni Paesi hanno in costruzione depositi geologici sotterranei (Finlandia, Olkiluoto, gestito da Posiva Oy), altri paesi hanno viceversa abbandonato i loro progetti (ad esempio gli USA con Yucca Mountain, Nevada, che avrebbe dovuto essere gestito dal DOE, governativo).
Perchè è necessario un deposito nazionale
L’Unione Europea (articolo 4 della Direttiva 2011/70) prevede che la sistemazione definitiva dei rifiuti radioattivi avvenga nello Stato membro in cui sono stati generati
Il deposito Nazionale è necessario per smaltire i rifiuti radioattivi a bassa e bassissima attività, attualmente stoccati in depositi temporanei, presenti nei siti degli impianti nucleari disattivati, dove Sogin sta portando avanti le attività di mantenimento in sicurezza e decommissioning. Al Deposito Nazionale confluiranno anche i rifiuti attualmente stoccati in depositi temporanei non gestiti da Sogin, che provengono da fonte non energetica, ossia quelli derivanti dalla ricerca, dall’industria e dalla medicina nucleare, che continuano inevitabilmente ad essere prodotti anche in Italia, come in tutti gli altri Paesi evoluti.
Né i depositi temporanei né i siti che li ospitano sono idonei alla sistemazione definitiva dei rifiuti radioattivi. Infatti i depositi temporanei presenti nelle installazioni nucleari italiane attualmente in fase di smantellamento, sono strutture con una vita di progetto di circa 50 anni, in conformità alla specifica normativa tecnica nazionale ed internazionale in materia, volta alla garanzia della sicurezza dei depositi stessi, riguardo ai lavoratori, alla popolazione e all’ambiente. Tali depositi sono sottoposti a dei periodici interventi di manutenzione e al termine della vita di progetto è programmata una rivalorizzazione di adeguamento generale. Progressivamente stanno esaurendo le loro capacità ricettive e in un futuro prossimo dovranno essere, oltre che costantemente mantenuti a norma, ampliati o raddoppiati.
Per lo smaltimento definitivo è necessario un deposito dotato di barriere ingegneristiche che congiuntamente alle caratteristiche del sito potenzialmente idoneo (definite dai Criteri di localizzazione indicati nella Guida Tecnica n. 29) possano garantire l’isolamento dei rifiuti radioattivi dall’ambiente fino al decadimento della radioattività a livelli tali da risultare trascurabili per la salute dell’uomo e per l’ambiente.
Al contrario di quanto accade all’estero, non esiste ancora in Italia una struttura centralizzata in cui sistemare in modo definitivo i rifiuti radioattivi. La sua disponibilità permetterà di smaltire definitivamente tutti i rifiuti radioattivi italiani e di completare il decommissioning degli impianti nucleari così da poter restituire i siti che li ospitano privi di vincoli radiologici. Inoltre l'Italia si allinera’ a quei Paesi che da tempo hanno in esercizio sul proprio territorio depositi analoghi, o che li stanno costruendo, rispettando così gli impegni etico-politici nei confronti dell’Unione Europea, ma anche di valorizzare a livello internazionale il know-how acquisito. Il progetto comprende anche la realizzazione di un Parco Tecnologico, che avra’ il compito di stimolare la ricerca e l'innovazione nei settori dello smantellamento degli impianti nucleari e della gestione dei rifiuti radioattivi, creando nuove opportunità per professionalità di eccellenza.
La maggior parte dei rifiuti radioattivi in Italia è costituita da da rifiuti a basa o bassissima radioattività.
In Piemonte sono stati individuati 5 siti localizzati nell’alessandrino. La localizzazione del sito unico sarà decisa nei prossimi mesi. Carmagnola ha scampato il pericolo... Continueremo ad occuparcene
dott.ssa Antonella Pannocchia